mercoledì 17 ottobre 2018

Non è (solo) un condono, è molto peggio

Nel variopinto panorama dei condoni tributari, se si guarda a quanto accaduto negli ultimi decenni, i provvedimenti hanno assunto le più diverse connotazioni, che rendono difficile la ricostruzione in termini unitari dell’istituto “condono”. 
Tuttavia, se tralasciamo i provvedimenti di definizione e chiusura delle liti pendenti che intervengono quando il debito tributario è ancora sub judice, le varie leggi di condono si sono di solito ispirate a due modelli: una forma di condono di tipo “clemenziale”, che azzera o riduce le sanzioni amministrative e penali ordinariamente comminabili in relazione a comportamenti evasivi, a patto che il contribuente dichiari sia pure tardivamente e/o assolva interamente il debito tributario (è lo schema usato, ad esempio, nelle recenti rottamazioni delle cartelle, nella voluntary disclosure, nonché nella dichiarazione integrativa prevista dall’art. 8 della L. 289/2002); e una diversa forma volta a far emergere imponibili non dichiarati ma difficilmente accertabili, attraverso forme di definizione “automatica” connesse a maggiorazioni forfettarie delle imposte assolte, costituenti non tanto una dichiarazione tardiva, su basi analitiche, di imponibili occultati quanto una sorta di “prezzo” per ottenere la preclusione di ogni futura attività accertativa. Funzionavano in questo modo, ad esempio, il condono tombale di cui all’art. 9 L. 289/2002, e lo scudo fiscale per i capitali detenuti all’estero.
Rispetto a questa schematizzazione (inevitabilmente semplificatoria), la nuova “dichiarazione integrativa speciale” prevista all’art. 9 del DL fiscale collegato alla manovra di bilancio (nella bozza pubblicata da Italia Oggi) appare un outlier, poiché non solo assomma le suddette caratteristiche, ma ne aggiunge una ulteriore dai caratteri inediti.
Come accade nei condoni clemenziali, la presentazione di una dichiarazione integrativa “speciale” degli imponibili renderà non applicabili le sanzioni amministrative e non perseguibili gli eventuali reati tributari commessi; e come accade nelle definizioni automatiche, l’invio della dichiarazione integrativa speciale garantirà dei benefici, sia pure indiretti, in termini di una mancata estensione (per tre anni) dei termini per l’accertamento, che invece paradossalmente andrà a impattare sfavorevolmente sulla restante platea di contribuenti. La presentazione di dichiarazioni integrative speciali avrà insomma un parziale e indiretto effetto di “scudo” da futuri accertamenti, soprattutto in relazione alle annualità più remote.
Ma ciò che vi è di tendenzialmente inedito nel “condono al quadrato” delineato dall’art. 9 è l’aver associato una dichiarazione integrativa analitica di maggiori imponibili precedentemente occultati, con una riduzione, ora per allora, delle imposte dovute. Sui maggiori imponibili dichiarati con l’integrativa non saranno infatti dovute i tributi vigenti nei periodi d’imposta cui le dichiarazioni si riferiscono, ma un'imposta sostitutiva dell’Irpef (o Ires) e addizionali, dell’Irap, dei contributi previdenziali, dell’Ivafe, e altro ancora, nella misura del 20 per cento.
In questo modo non solo si interviene in assenza di modifiche ordinamentali e in un contesto in cui già esistono strumenti (il ravvedimento operoso “lungo”) per dichiarare tardivamente, praticamente ad libitum, imponibili pregressi godendo di una forte riduzione sanzionatoria, ma si va molto oltre, introducendo un’agevolazione tributaria retroattiva proprio a vantaggio dei soggetti meno meritevoli, cioè di coloro che si erano (parzialmente) sottratti ai propri obblighi dichiarativi, forse pensando a un allucinante collegamento con la nuova sedicente “flat tax” (cioè l’imposta sostitutiva) che interesserà il mondo delle partite Iva fino a 65/100 mila euro. Come se, insomma, una volta deciso di introdurre sgravi d’imposta per i redditi futuri, li si volesse - crepi l’avarizia - estendere anche al passato.
Ma non è tutto: un’imposta sostitutiva dell’Irpef e di altri tributi, con aliquota (20 per cento) inferiore alla più bassa aliquota Irpef, applicabile agli imponibili oggetto di integrazione fino all’importo massimo di 100 mila euro per singolo periodo di imposta, determina un andamento regressivo del prelievo, con un evidente vulnus dell’art. 53 comma 2 della Costituzione e del principio di progressività. Anche se quest’ultimo si riferisce al sistema e non ai singoli tributi, mi sembra difficile pensare che una surrettizia modifica della curva della progressività risulti in linea col parametro costituzionale, dato che ad essere alterato sarebbe proprio il tributo “caratterizzante” e più importante per gettito, cui tutti riconoscono l’effetto di orientare in senso progressivo l’intero sistema tributario.
A parità di capacità contributiva, vi saranno alcuni soggetti che pagheranno meno di coloro che avevano tempestivamente dichiarato, e per loro l’Irpef si trasformerà in un tributo regressivo.
Come andrà a finire? La Corte Costituzionale ha in passato dichiarato non illegittimi i provvedimenti di condono, ma lo ha fatto invocando una valenza procedimentale delle leggi di condono, capaci di incidere sulle controversie pendenti ed escludendo invece un “contrasto col principio della capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost., che riguarda la disciplina sostanziale dei tributi e non il relativo contenzioso” (Corte Cost. 172/1986).
La nuova dichiarazione integrativa “speciale” interviene invece proprio sulla disciplina sostanziale dei tributi, alterando retroattivamente la ripartizione dei carichi tributari fuori da ogni meccanismo automatico e in presenza di maggiori imponibili dichiarati analiticamente. Mi pare perciò “non manifestamente infondato” prospettare, come si usa dire, una irragionevolezza ed arbitrarietà della norma, con violazione dell’art. 3 (uguaglianza) nonché dell’art. 53 della Costituzione, sia con riguardo al primo (principio di capacità contributiva) che al secondo comma (progressività del sistema tributario).
Bisognerà trovare il modo di portare la questione all’attenzione dei giudici costituzionali, non è detto che anche stavolta vada a finire come le volte precedenti. 

Toh, c’è un buco nel gettito sugli extraprofitti: “intollerabile elusione” o riflesso della sospetta incostituzionalità della norma?

La reazione indignata per quella che è stata definita una “intollerabile elusione” perpetrata dalle imprese destinatarie dell’imposta straor...